Non fosse stato per i guai, non avrei intrapreso la carriera musicale. Questo è ciò che dice Joni Mitchell, una pittrice sviata dalle circostanze, come spesso si è descritta in varie interviste.
Musica e pittura sono lo Yin e lo Yang di questa straordinaria artista, quando le canzoni si rifiutavano di prendere forma, si metteva a dipingere. La creatività a maggese. Lasciava riposare il terreno come i contadini.
Si dice che in studio di registrazione Joni dava indicazioni del tipo “un po’ più di giallo qui”, ai musicisti poi stava l’incombenza di trasformare quella richiesta di colore in suono.
Chi conosce la musica di Joni Mitchell ha idea di quanto le sue canzoni trabocchino di colori. Ce n’è ovunque, colori primari, secondari, terziari, sfumature e ombreggiature d’ogni tipo, colori che Joni usa in modo diverso, a seconda dello stato d’animo.
“Oh, I’m a lonely painter
I live in a box of paints”
(Oh, sono una pittrice solitaria/ Vivo in una scatola di colori) da A case of you, contenuta nel disco Blue.
Nelle canzoni di Joni prevale il colore blu, seguito dal nero. Non stupisce, lei stessa dice I sing my sorrow and I paint my joy (canto il mio dolore e dipingo la mia gioia).
Ma per comprendere davvero che cosa Joni voleva esprimere attraverso la sua arte è necessario fare un passo indietro.
Joni Mitchell da bambina suonava la ghironda al contrario. Aveva scoperto che facendo così poteva trarne degli intervalli melodici sorprendenti. Suonarla per il verso giusto le sembrava noioso. Abbandonata la ghironda, imbracciò la chitarra, ma invece di suonarla al contrario scoprì qualcosa che era persino meglio, il fatto cioè che una chitarra la si poteva accordare in molti modi diversi
.
E qui, ahimè, è necessario farsi un po’ tecnici.
Una chitarra a 6 corde, di solito, è accordata così : MI – LA – RE – SOL – SI – MI.
Joni scoprì che era possibile accordare la chitarra nel modo dei bluesman del Mississipi, (l’accordatura del banjo poi trasferita sulla chitarra dai suonatori di slide guitar) accordatura detta di SOL aperto : RE – SOL – RE – SOL – SI – RE.
Questa accordatura, rispetto a quella classica, offre il vantaggio di semplificare l’esecuzione: meno dita coinvolte, diteggiatura elementare, suonare accordi maggiori spostandosi velocemente lungo il manico, etc.
Nell’esplorare le diverse accordature alla chitarra Joni esplorava se stessa: <<gli accordi complessi che utilizzo in molte mie canzoni contengono sfumature emotive che all’interno delle leggi della musica sono proibite>>, dichiarò in un’intervista.
Va detto che Joni da bambina aveva contratto la poliomielite, e che la scelta di adottare delle accordature aperte fu anche dovuta alla difficoltà di adattare la mano sinistra alla complessità di alcuni accordi eseguiti con l’accordatura classica.
Ed è così che una scelta obbligata si trasformò in un accorgimento espressivo di grande efficacia.
Nelle accordature aperte Joni cominciò a riflettere le coloriture e gli umori del suo mondo interiore.
Componendo si sedeva con la chitarra in grembo e accordava la chitarra così come glielo suggeriva il suo stato d’animo del momento.
Rinunciando a comporre nell’accordatura standard, Joni si comportava un po’ come fa il pittore quando impasta i colori sulla tavolozza. Non si accontenta di quelli disponibili sul mercato, ma ne crea di propri.
Le canzoni di Joni hanno un colore a sé, unico, ognuno dato dal particolare tipo di accordatura adottata.
La cosa particolare e insolita è che, nella sua carriera, Joni impiegò più di 60 diverse accordature per comporre i suoi brani.
<<Esprimendo le armonie che rappresentano le mie emozioni in tutta la loro complessità, cerco di fare qualcosa di nuovo, al di fuori delle regole del jazz>>.
Joni fece tutto questo avendo un’idea tutto sommato vaga di quel che stava combinando sul piano musicale. Lo fece seguendo il suo intuito, dando retta al suo talento.
Qualche anno dopo un sassofonista le fece notare che le sue canzoni abbondavano si accordi di quarta e da un punto di vista armonico gli accordi di quarta sono accordi sospesi. <<Un accordo sospeso contiene una domanda – le disse – ma manca di risoluzione>>.
Joni per tutta risposta cominciò ad infilarne uno dopo l’altro, per destabilizzare ancor di più le sue canzoni. Più sospensione, più domande. Invece di chiudere il quadro armonico con un accordo maggiore, ne aggiungeva altri di quarta per accrescere il senso di incertezza, e quando infine si decideva a risolvere quella sospensione.. <<è come un colore complementare, il cielo che si apre>>, disse.
Senza scendere ulteriormente nel dettaglio si può dire che questa narrazione perennemente irrisolta sul piano armonico si sposa a meraviglia con il travaglio psicologico e i conflitti relazionali che Joni ha vissuto nella sua vita, come spesso accade per molti artisti.
Quelle armonie inconsuete creavano degli spazi sonori mai sentiti prima, e dentro quegli spazi inesplorati Joni si mise a nudo, dipingendosi in quella sospensione e in quella incertezza senza falsi pudori.
She will love them when she sees them
They will lose her if they follow
And she only means to please them
And her heart is full and hollow
Like a cactus tree
While she’s so busy being free
(Quando li incontrerà, li amerà / Ma nel seguirla, la perderanno / Intende soltanto accontentarli / Il suo cuore è pieno e cavo / Come quello di un cactus / Mentre è troppo impegnata a essere libera), dalla canzone Cactus, contenuta nell’album Song to a Seagull.
Joni suonava la chitarra con mani che non sembravano adatte allo scopo, eppure ha composto brani dalla bellezza sconfinata.
<<Sono sempre stata sul punto di esser bella>>, ha dichiarato Joni anni addietro. E la trovo una frase bellissima, netta e profonda.
Disse anche che quando cominciò a scrivere smise di truccarsi. Era convinta che nessun trucco l’avrebbe resa più bella.
Si sarebbe fermata un attimo prima, <<sul punto di esser bella>>.
Ed è lì, su quel ciglio, che è riuscita a descrivere la sua anima, il suo cuore, nell’espressione dell’inafferrabile e irrisolto mistero che è la sua vita.
Ho letto per caso la biografia di quest’artista qualche giorno fa e l’ho trovata subito molto profonda, densa di accadimenti che esprimono dolore e sofferenza, ma anche grande apertura e possibilità. Emozioni che ho sempre percepito dentro alle sue melodie.
Come spesso accade, scopro che gli artisti che mi piacciono di più, sono artisti che hanno trovato nella musica espressione al loro mondo emotivo più profondo.. alle loro ombre.
Trovo davvero bella la storia di queste mani che, a seguito della malattia, si fanno spazio nella loro espressività artistica, adattandosi a generare nuove modalità di movimento sullo strumento.
Per fare questo credo ci sia bisogno di saper osare, rompere lo schema entro il quale si è soliti trovare riferimenti certi. C’è bisogno di provare, sbagliare, prima di raggiungere il giusto equilibrio.
E come tale l’equilibrio è fatto di continui movimenti e continui aggiustamenti.. sarà per questo che nella discografia di Joni si possono trovare più di 60 tipi di accordature diverse.
E’ paradossale, ma la sensazione di irrisolto e di non completezza che si percepisce dai racconti e dai brani di Joni, mi generano una grande pace. Forse è l’idea che non è nella “risposta”, ma nella “domanda” che si può trovare crescita, spunto, creatività, senso di movimento. Tutti elementi generativi di grande vitalità. Come il sorriso di Joni.
Joni risponde così a chi le chiede di spiegare un suo brano o una sua melodia : << Chi se ne importa cosa intendo, importa cosa significa per te>>.
Nel video qui sotto eccola mentre accorda la sua chitarra, se la appoggia sulla pancia, l’ascolta, entra in contatto con quel senso di “ricerca” di cui si parlava poco sopra..
Buona ricerca delle vostre e delle nostre accordature, armonizzazioni, vibrazioni, melodie.. soluzioni creative alla vita.